L’art. 1 della legge 2023 di bilancio 197 /2022 al comma 152 entrata in vigore il 1° di gennaio definisce le violazioni degli obblighi relativi a operazioni Iva soggette all’inversione contabile, viene aggiunta la previsione secondo cui, se è provato che il cessionario o committente era consapevole dell’intento evasivo o fraudolento di operazioni inesistenti imponibili, non si applica il regime di neutralità contemplato per i casi in cui l’imposta non dovuta è stata assolta con il reverse charge e il cessionario o committente è punito con una sanzione pari al 90% della detrazione compiuta.

Ma cosa è il reverse charge?

Facciamo un breve riassunto su cosa è, su dove si applica e come funziona.

Il reverse charge c.d. “inversione contabile” è un particolare metodo di applicazione dell’IVA che consente di effettuare l’inversione contabile della suddetta imposta direttamente sul destinatario della cessione del bene o della prestazione di servizio, anziché sul cedente.

Quindi in una transazioni tra due soggetti IVA normalmente il fornitore all’emissione della fattura applica l’aliquota addebitandone il pagamento al cliente. Tuttavia questa prassi puù prestare il fianco ad evasione fiscale da parte dei soggetti venditori che trattengono l’ammontare dell’imposta non versandola, invece inserendo il reverse charge si verifica lo spostamento del carico tributario IVA dal venditore all’acquirente, con conseguente pagamento dell’imposta da parte di quest’ultimo.

In sintesi l’onere IVA si sposta, pertanto, dal cedente al cessionario nel caso di cessione di beni e dal prestatore al committente nel caso di prestazioni di servizi.

La norma di riferimento è l’art. 17, commi 5, 6, 7, 8 e 9, D.P.R. n. 633/1972.