L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 198 ha confermato che, in fase di prima applicazione, i corrispettivi derivanti dall’attività di commercio elettronico indiretto sono esonerati dall’obbligo di invio telematico.

Resta però l’obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi, nonché l’emissione della fattura, se richiesta dal cliente.

Va ricordato che l’obbligo di memorizzazione ed invio telematico, previsto dall’articolo 2, comma 1, D. Lgs. 127/2015, entra in vigore dal 1° gennaio 2020 ma viene anticipato già a partire dal prossimo 1° luglio, soltanto i soggetti passivi Iva che, nel 2018, hanno realizzato un volume d’affari ai fini Iva superiore a 400.000 €.

Per la determinazione di questa soglia, si precisa che è da considerarsi il volume d’affari complessivo del soggetto, e non solo le operazioni certificate con scontrino o ricevuta fiscale. In una prima fase di avvio del nuovo obbligo, la legge ha demandato ad appositi decreti attuativi l’individuazione di specifici esoneri temporanei dall’adempimento in questione.

In tale ambito si inseriscono le vendite per corrispondenza, assimilate alle vendite online.

A questo punto, l’Agenzia pare confermare quanto stabilito dalla legge, ricordando però che il commercio elettronico o indiretto configura, ai fini Iva, una cessione di beni, il cui accordo viene perfezionato mediante l’utilizzo della rete online. In particolare, la disciplina del commercio elettronico indiretto presenta aspetti importanti laddove le vendite avvengano nell’ambito della Ue, poiché in tali casi si deve tener conto delle regole previste.

Per applicare le regole delle vendite per corrispondenza la legge richiede due requisiti. Intanto che l’acquirente comunitario debba rivestire la qualifica di consumatore finale (ovvero di soggetto non passivo d’imposta, come ad esempio un ente non commerciale, un’associazione, ecc., e poi che il trasporto venga eseguito da cedente, quindi da terzi per suo conto.

Per le vendite eseguite fino al raggiungimento di una determinata soglia (100.000 € o il minor importo stabilito dal singolo Stato Ue), l’imposta è applicata nel Paese di origine, e quindi in Italia per le cessioni poste in essere da un soggetto Iva nazionale; al superamento della soglia prevista per il singolo Stato membro, il cedente nazionale deve identificarsi ai fini Iva (direttamente o mediante nomina del rappresentante fiscale) per assoggettare le cessioni all’Iva di tale stato.

Resta ferma la possibilità, per il cedente nazionale, di optare per l’applicazione dell’Iva nello Stato del committente, a prescindere dal superamento della soglia, opzione, questa, vincolante per un triennio.

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