Il sequestro preventivo di un immobile adibito ad abitazione principale, disposto nell’ambito di un procedimento penale per reati tributari, è legittimo: lo ha stabilito con la sentenza n° 45707/2019 la Corte di Cassazione. Resta ferma l’impignorabilità della prima casa per l’agente della riscossione.

In particolare, il caso riguarda una coppia di contribuenti indagata per i reati di dichiarazione fraudolenta, mediante fatture inesistenti e sottrazione al pagamento delle imposte. Con il ricorso presentato, entrambi lamentavano un’erronea applicazione della legge penale che esclude l’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del debitore, quindi un bene non sottoponibile ad azione esecutiva.

I giudici della Terza sezione penale della Cassazione hanno ritenuto l’impugnazione dei ricorrenti inammissibile e la confisca dell’immobile giuridicamente corretta, non trovando alcun ostacolo nella previsione di cui all’articolo 76 del D.P.R. 602/73.

Per cui, il principio dell’impignorabilità della prima casa, ovvero le limitazioni imposte con il D.L. n°69/2013, riguardano il solo agente della riscossione e sono limitate a specifiche ipotesi e condizioni, senza alcun effetto sulla misura cautelare imposta nel processo penale.

I giudici, nella sentenza, chiariscono anche che il sequestro preventivo, finalizzato a confiscare l’equivalente dell’imposta evasa, può essere applicato pure ai beni acquistati dall’indagato in epoca antecedente all’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 143, della Legge n. 244/2007 che ha esteso tale misura ai reati tributari.

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